E’vero che i cittadini sono corresponsabili, ma c’è chi avrebbe
potuto fare di più per la crescita della società, delle istituzioni, della
democrazia
Il Vescovo di Pordenone ci ricorda che noi tutti, cittadini-elettori,
siamo corresponsabili del degrado politico-istituzionale, che la politica è lo
specchio della società, che ci meritiamo i governati e gli amministratori che
ci siamo scelti. Tutti peccatori, dunque, e nessuno condannabile più degli
altri, alla fine. Anche perché molti avrebbero taciuto perché cointeressati
all’andazzo generale.
In parte è vero, ma solo in parte; non
credo proprio che tra la gente comune, i lavoratori, i pensionati, i giovani
disoccupati-precari-sottopagati, il degrado sia ai livelli che emerge dai
palazzi della politica. E non tutti hanno taciuto, basterebbe scorrere le
lettere pubblicate sui giornali per vedere che gli e-lettori vanno segnalando
da anni lo scempio che si è fatto della cosa pubblica. Solo che il grido di
dolore, pur alto e circostanziato, non è stato raccolto. Per nulla dai politici
e poco anche dai … media.
La predica mediatica del Vescovo di
Pordenone e l’attenzione che la stampa gli ha riservato, fanno tornare alla
mente un problema non nuovo. Soprattutto il rincarare la dose, l’enfatizzazione
delle supposte carenze e connivenze dei cittadini, messe in risalto dai
giornali, fanno pensare al loro stesso ruolo. A quello che hanno fatto, a
quello che avrebbero potuto e dovuto fare e non hanno fatto. Che è molto, ma
molto, ma molto di più di quello che possono fare i cittadini.
Anche se è passato il tempo in cui “non si
poteva governare senza l’assenso di via Solferino” il sistema dei media
(tradizionali e innovativi) è fondamentale per lo sviluppo della società, delle
istituzioni, della democrazia. I media, possono e devono censurare le
manchevolezze dei politici e ricordare la corresponsabilità della popolazione
che li esprime, ma non possono chiamarsi fuori! Se qualcosa non ha funzionato,
se ci sono state delle derive, chi più di loro avrebbe potuto e dovuto
segnalarle per tempo, con determinazione e perseveranza e con ciò concorrere ad
arginarle?
I media hanno a disposizione tre strumenti
fondamentali per perseguire lo scopo: primo “l’informazione”, secondo “l’informazione”,
terzo “l’informazione”. A tal fine
sui laptop e i tablet dei giornalisti dovrebbe comparire un banner che ricordi
loro perché scrivono, semplicemente e solo: “docere, movere, delectare”, anche nell’era dell’informatica. Infatti, alcuni dei motivi per cui
fatichiamo a uscire dal pantano sono strettamente connessi all’informazione.
Faccio qualche esempio, ma ve ne sarebbero molti altri.
Le opinioni sono sacre e vanno riportate
come espresse dai vari soggetti. Tuttavia, molti politici e uomini pubblici
supportano le loro, i progetti, le pretese e quant’altro, con dati, fatti ed
elementi non veri, a volte smaccatamente falsi e fuorvianti. Tutto ciò è spesso
riportato dai media senza segnalare le inesattezze, le carenze, le omissioni
che inficiano il ragionamento, inducendo spesso in errore il lettore stesso. Il
vizio potrebbe essere estirpato in buona parte se, salve le libere opinioni, i
fatti travisati fossero sistematicamente segnalati.
Le dichiarazioni, le interviste, i
programmi elettorali ed anche i commenti giornalistici sono pieni di “generiche
buone intenzioni”. Un esempio classico: “Bisogna dare spazio al merito; puntare
sulla meritocrazia”. Non uno che vada oltre, nello specifico e dica o scriva,
per esempio: “I concorsi pubblici devono uniformarsi a regole precise ed essere
verificati prima del bando, eliminando tutte le clausole che prefigurano il
vincitore, non in base ai requisiti necessari per svolgere la mansione”. O
anche: “La commissione giudicatrice deve, obbligatoriamente, comprendere anche
un portatore d’interesse alla selezione del candidato più idoneo”. Che, per
capirsi, sarà un rappresentante dei pazienti per selezionare un medico e uno
dei discenti per selezionare un docente.
Quando si trattano i ricorrenti temi
fondamentali per lo sviluppo delle istituzioni, per esempio la legge elettorale
o la riforma delle autonomie locali, sarebbe molto più utile presentare ai
lettori lo stato dell’arte in giro per il mondo che non le dichiarazioni
pleonastiche della gran parte dei nostri politici. Se gli e-lettori fossero
stati correttamente e costantemente informati sui vari sistemi elettorali in
essere negli stati, io credo che, persino molti degli iscritti ai partiti che
hanno partorito e tenuto in vita il “porcellum” avrebbero richiesto e preteso
qualcosa di meglio. Non parliamo poi del “Sistema Regione-autonomie locali”
che, a leggere i giornali, pare non ne esistano in giro per il mondo e tutti si
affannano a inventarne di improbabili. Perché, chiedo, non rendere edotti i
cittadini di come sono strutturati i sistemi amministrativi intorno a noi?
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