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martedì 18 aprile 2017

CITTA' e TERRITORIO

Una nuova articolazione amministrativa per sviluppare e valorizzare armonicamente
realtà complementari indissolubili, ma con strutture, problematiche ed esigenze diverse

In quasi tutto il mondo, gli abitanti risiedono in parte nelle medie e grandi città e in parte in cittadine, paesi e villaggi sparsi sul territorio. In alcune regioni, soprattutto ove presenti le metropoli, prevalgono i cittadini, in altre sono più numerosi i residenti sul territorio.
In Friuli Venezia Giulia, per esempio, ci sono poche città e vi risiede meno di un terzo della popolazione. Oltre due terzi, invece, risiedono nelle cittadine, nei paesi e nei borghi del territorio. Semplificando, ma non ci si discosta dalla realtà, possiamo considerare:
  • ·  città, i tre (ex?) capoluoghi di provincia e il capoluogo regionale;

·       territorio, le cittadine, i paesi, villaggi e borghi dei comuni non capoluogo.
Stabilito, schematicamente, quali sono le città e cos’è il territorio, è indubbio che si tratti di realtà:
o   diverse per dimensione, concentrazione di popolazione, edificazione e infrastrutture; spazi, aree verdi e naturali, contenitori e contenuti, …;
o   con problematiche gestionali e amministrative differenti per molti versi;
o   con esigenze di conduzione, di cure e investimenti affatto simili;
o   persino atteggiamenti e mentalità dei residenti, pur formati dagli stessi curricola scolastici e distratti dagli stessi media (televisione in primis), palesano qualche differenza.
Non di meno le due realtà, città e territorio, sono indissolubili e complementari, reciprocamente indispensabili per la qualità di vita di tutta la popolazione.
E’ interesse di tutti (ovunque residenti) che:
·       la città realizzi, si doti, sviluppi, organizzi, gestisca, offra, …, i servizi, i contenitori e i contenuti che possono essere localizzati solo in un contesto urbano di una certa dimensione…;
·       il territorio realizzi, si doti, sviluppi, organizzi, gestisca, custodisca, …, quanto rende possibile la fruizione dell’immenso e insostituibile patrimonio, naturale e antropizzato, diffuso...;
·    in entrambe le realtà si attuino politiche e pratiche amministrative, di erogazione dei servizi, di investimenti e gestionali specifici e, quindi, opportunamente differenziati.
Non è la stessa cosa amministrare una città o il territorio e pure abbiamo bisogno di città e comunità extraurbane gestite entrambe in modo ottimale.
Abbiamo l’esigenza di ottimizzare la gestione delle due realtà, nell’interesse di tutti, perseguendo uno sviluppo armonico e complementare.
In alcune regioni europee ciò è realtà. A queste bisogna guardare per adottare adattando.

RAPPORTO AMMINISTRATIVO TRA CITTA’ E TERRITORIO, DUE MODELLI BASE
Non bisogna farsi distrarre dalle infinite varianti possibili. Il rapporto istituzionale tra la città e il territorio ha due soli modelli base:
-         il modello centralistico (franco-napoleonico) accentrato su un capoluogo, al quale il territorio è sottoposto, sino a perdere persino la sua denominazione, per assumere quella della città. E’ importante ricordare che, con la “Grande riforma territoriale” del 2014, voluta dal presidente Hollande, la Francia stessa sta abbandonando il modello centralistico (soppressione dei consigli provinciali entro il 2020)  e ha introdotto le “intercomunalità” e le “comunità di comuni” istituzioni che si rifanno al modello alternativo  descritto qui sotto;
-   il modello federalistico (renano-danubbiano) che pone sullo stesso piano le comunità grandi e piccole; realizza l’ente di maggiore dimensione con la federazione degli enti minori che lo costituiscono; non sottopone il territorio alla città, riconoscendo necessaria la distinzione tra i grandi centri urbani e i centri minori.

Il modello centralistico tende inevitabilmente ad accentrare le risorse e le attenzioni nel capoluogo, con un doppio esito negativo:
-     abbandono, spopolamento, depauperamento del territorio; distruzione di valore (patrimonio abitativo, infrastrutturale e culturale abbandonato);
-       inurbamento eccessivo e repentino della popolazione, espansione delle periferie e scadimento della città e della qualità di vita (inquinamento, traffico, rumore); duplicazione dei costi (edificazione e infrastrutturazione in sostituzione di quanto abbandonato).
Questi fenomeni sono stati particolarmente marcati nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; molto più che nella regione ordinaria Veneto, per esempio.
Il territorio, dalla montagna alla bassa friulana, dai borghi alle cittadine già fulcro del policentrismo regionale (Tolmezzo, Gemona, Cervignano, Spilimbergo, Maniago, …) ha avuto scarse attenzioni e poche risorse.
E i risultati si vedono! Basta guardare gli andamenti demografici dei comuni del territorio. Lo spopolamento – si badi bene – è l’effetto (delle disattenzioni) e non la causa del mancato sviluppo. Cui fa riscontro la caotica espansione delle città regionali. Grandi periferie senza pregio cingono d’assedio quelli che erano splendidi centri urbani, a misura d’uomo.

UN MODELLO FEDERALISTICO PER L’ORGANIZZAZIONE DEGLI ENTI LOCALI
E’il modello vigente (con pochissime differenze sostanziali) in Germania, Svizzera, Austria, Province Autonome di Trento e Bolzano. Posto che come ovunque il Comune è l’istituzione di base questo modello prevede che l’ente immediatamente superiore (intermedio tra comune e regione/provincia/land/cantone):
·  abbia caratteristiche di omogeneità geo-orografiche, socio-economiche, storico-culturali;
·  abbia un’ampiezza sufficiente per erogare servizi e pianificare sviluppo e investimenti;
·       sia costituito da un’aggregazione di comuni con prerogative federalistiche (delega di funzioni e non cessione di competenze; pari dignità degli aderenti; …)
·       sia costituito tra “pari” ovvero operando la separazione dei grandi centri urbani e non sottoponendo a questi i territori circostanti;
·    sia collegio per l’elezione dell’ente superiore, per la certezza della rappresentanza in esso;
·       goda di autonomia e reale facoltà di scelta nelle materie assegnate;
·   sia finanziato con parametri certi, in base a popolazione residente, estensione territoriale, imposte raccolte, singolarmente o in combinazione, secondo i capitoli di spesa.
Questa organizzazione degli enti locali è stata il fattore determinante (anche se non unico) dell’armonico sviluppo riscontrabile nei paesi e province citati. Laddove i fenomeni di depauperamento - evidenti in vaste porzioni del FVG - non ci sono stati.

ADOTTARE, ADATTANDO, IL MODELLO FEDERALISTICO “RENANO-DANUBBIANO”
La regione FVG è molto complessa, per nulla omogenea, ricca di diversità. Non di meno, anzi a maggior ragione, il Sistema Regione – Autonomie locali deve essere: adeguato, efficace, efficiente, equivalente, sostenibile, affidabile, introducibile, condiviso.
Questi requisiti, tenuto conto della complessità detta, possono essere assicurati solo da un’organizzazione di tipo federalistico, lungamente sperimentata e affinata nel tempo con una serie di ritocchi: IL MODELLO RENANO – DANUBBIANO.
In sintesi l’introduzione del modello “renano-danubbiano” in Regione prevede:
-  la costituzione di aggregazioni di comuni territoriali compatte e omogenee (da 20 a 25);
-   il riconoscimento di 4/5 città extraterritoriali con le competenze delle aggregazioni;
-  la fusione di comuni esclusivamente su base volontaria e l’assenso di ciascuno;
- la costituzione volontaria di sovra-ambiti di scopo, per la gestione delle problematiche specifiche comuni a più aggregazioni, anche non contigue.

Le 4 città extraterritoriali, avranno le medesime competenze delle aggregazioni, in pratica saranno un ente intermedio monocomunale (come le città di Germania e Austria e Bolzano stessa); sindaco e giunta, avranno – oltre che i poteri comunali –quelli del presidente e della giunta delle aggregazioni. Per quanto sopra gli enti intermedi risulteranno dalla somma delle aggregazioni territoriali e delle città extraterritoriali: 24-29.
La compresenza di aggregazioni territoriali, città extraterritoriali e sovra-ambiti di scopo prefigura una forma di organizzazione a matrice, l’unica che permette di gestire efficacemente la complessa situazione del Friuli Venezia Giulia, senza sacrificare alcune comunità e porzioni di territorio; in essenza, senza ledere i principi della democrazia.


IL MODELLO APPLICATO AL FRIULI OCCIDENTALE

L’ipotesi di base prevede di partire dalle aggregazioni storicamente riconosciute e condivise dalla popolazione residente: i mandamenti; tenendo conto anche dei mutamenti, socio-economici e demografici, avvenuti negli ultimi decenni:
·       aggregazione dei comuni dell’Azzanese (del Sile)
·       aggregazione dei comuni del Maniaghese (delle Dolomiti friulane)
·       aggregazione dei comuni del Sacilese (del Livenza)
·       aggregazione dei comuni del Sanvitese (della destra Tagliamento)
·       aggregazione dei comuni dello Spilimberghese (delle Prealpi friulane)
o   Città di Pordenone (ente intermedio mono comunale, come Bolzano)
 in alternativa:
o Aggregazione del Noncello (a 3: Pordenone-Cordenons-Porcia, come Trento)
Ovviamente si può e si deve ragionare su possibili aggiustamenti e alternative ma motivate e … ragionevoli. In ogni modo, nei casi dibattuti la parola va ai cittadini che decidono con referendum. Questa, che tocca il senso di appartenenza di ciascuno, non è materia di delega in bianco!