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mercoledì 19 febbraio 2020

LA COOPERATIVA DI COMUNITA’ “Aiutati che io ti aiuto”

La cooperativa di comunità: uno strumento di sostegno
per i borghi di montagna che si stanno spopolando

Succiso è un piccolo borgo sull’Appennino Tosco-Emiliano in provincia di Reggio Emilia. Si trova ad un’ altitudine di 980 metri sul livello del mare e conta 65 abitanti. E’ una frazione del comune di Ventasso, costituito nel 2016 a seguito della fusione di due comuni con poco meno di mille residenti e altri due che di abitanti ne contavano poco di più e che già collaboravano nella Unione dei comuni dell’alto Appennino reggiano (e anche questo dovrebbe dire qualcosa a quanti faticano a individuare un nuovo modello di governo del territorio).

Nel 1991, a Succiso, chiusero in rapida successione l’ultimo bar e il solo negozio di alimentari che vi era. Venuti a mancare i soli servizi e punti di aggregazione rimasti, per il piccolo borgo si profilava il tracollo definitivo, con l’abbandono degli ultimi resistenti… pardon residenti. Fu allora che i “ragazzi” della Pro loco si rimboccarono le maniche e costituirono la “Cooperativa Valle dei cavalieri”, dal nome dell’area geografica in cui si trova Succiso. Non una cooperativa di consumo, non di produzione, non di credito, non di servizi, non solo sociale, ma di “tutto un poco”; di quello che serviva alla sopravvivenza e al rilancio della piccola comunità.

Un po’ alla volta hanno riaperto il negozio, il bar, un ristorante, un forno, un agriturismo; avviato allevamenti, produzioni di formaggi, latticini e salumi; promosso e sostenuto attività sociali, di lavoro, manutenzione territorio, cultura, attività didattiche, sportive e del tempo libero; avviato servizi di trasporto locale, ritiro e recapito (merci, posta, farmaci). Essendo in pochi hanno dovuto e saputo sfruttare al massimo la flessibilità e l’eccletticità di ciascuno, talché ognuno dei soci e lavoratori ricopre almeno tre o quattro ruoli e ha dovuto imparare altrettanti mestieri. Succede così che, per esempio, chi prima dell’alba sforna il pane, al mattino guida il pulmino per il trasporto degli studenti e degli anziani ove sono scuole e servizi sanitari, al ritorno porta in paese merci, la posta e i farmaci, provvedendo alla distribuzione, poi magari alla sera è di turno al bar o al ristorante. Così per tutti gli altri. La cooperativa festeggerà tra poco i 30 anni di attività; ora ha 55 soci, praticamente l’intero paese, 7 dipendenti fissi e tanti collaboratori a tempo parziale. Ed è un modello studiato in tutto il modo! Non a caso sono venuti a Succiso da Canada, Stati Uniti, Giappone, Corea e altri paesi. Meno dall’Italia (come sempre purtroppo) e una normativa nazionale ancora non c’è, vi hanno provveduto, bensì, alcune regioni a partire dall’ Emilia Romagna. 

Senza nemmeno averne la consapevolezza, i “ragazzi della Pro” che non si rassegnarono ad abbandonare il loro borgo e vederlo morire, hanno inventato la Cooperativa di Comunità, una nuova forma di impresa; un modello di innovazione economica e sociale dove i cittadini sono produttori e fruitori di beni e servizi,  che crea sinergia e coesione in una comunità, mettendo a sistema le attività di singoli cittadini, imprese, associazioni e istituzioni, rispondendo così ad esigenze plurime di mutualità, con l ‘obiettivo di produrre vantaggi a favore della comunità alla quale i soci promotori appartengono. E ciò viene perseguito attraverso la produzione di beni e servizi per incidere in modo stabile su aspetti fondamentali della qualità della vita sociale ed economica della comunità.

La prima Cooperativa di Comunità d’Italia non ha solamente salvato il borgo montano di Succiso, lo ha rilanciato e ne ha fatto un modello, studiato ed esportato in tutto il mondo. Cooperativa Valle Dei Cavalieri: un nome che ricorda quello di una favola. Effettivamente in questa storia ci sono tutti gli ingredienti di una favola a lieto fine. Che speriamo possa ripetersi in altre valli, soprattutto là dove ci sono dei borghi che si stanno spopolando: praticamente tutta l'area montana, tranne le perle turistiche. Per questi territori si dovrebbe predisporre, prima ancora dei sostegni economici, degli strumenti di formazione, di stimolo e assistenza perché i residenti costituiscano e sviluppino le Cooperative di Comunità.  Lanciando un messaggio chiaro: “Aiutatevi che io vi aiuto”.

domenica 2 febbraio 2020


UNA LEZIONE DI POLITICA ECONOMICA TERRITORIALE


Tra vigne, meleti, spa e resort

Ubaldo Muzzatti  -  30 gennaio 2020
Politica – Economia

Vigneti Tra Caldaro e Appiano (Bolzano)

Con l’ingegnere partivamo in auto al pomeriggio per essere su in serata e pienamente operativi il mattino dopo. Meta della trasferta l’Alto Adige, tra Caldaro e Appiano. Qui in mezzo alle vigne e ai meleti, tenuti che è una meraviglia, era insediata l’azienda per la quale stavamo lavorando in qualità di consulenti di organizzazione industriale. Si pernottava in un alberghetto che, ufficialmente, si fregiava di due sole stelle ma con struttura, confort e servizio di ottimo livello che in molte altre località non si trovano in hotel di prima categoria. Al mattino la colazione era un tripudio di delicatessen locali e fatte in casa. La scelta era smisurata, anche nei periodi di bassa stagione, quando io e l’ingegnere eravamo tra i pochi clienti. Naturalmente l’edificio e tutto l’arredamento erano tipicamente tirolesi. In mezzo a tanto legno, usato con sapienza, spiccava sul banco della reception il computer. Erano i tempi in cui questo device faceva le prime apparizioni nelle medie e grandi aziende industriali, mentre nelle piccole, nelle attività artigianali e commerciali, almeno da noi, era ancora un oggetto poco conosciuto.
Al mattino raggiungevamo lo stabilimento. Passando in mezzo ai vigneti vedevamo già i coltivatori all’opera. Durante la fase vegetativa della vite, in uno spiazzo lungo la strada, ove era posizionato l’apposito impianto, avveniva il riempimento delle cisterne irroratrici per i trattamenti. Sovraintendeva l’operazione un tecnico della direzione provinciale agricoltura. Tutti i coltivatori della zona affluivano con le botti trainate dal trattore, esibivano al tecnico provinciale un cartellino con i dati delle rispettive coltivazioni e, in base a questi, venivano riforniti della giusta quantità e tipologia di miscela pronta all’uso, non senza aver tarato l’impianto e gli ugelli di aspersione. Credo che molti si siano posti la domanda: “E’ possibile che tutti gli agricoltori sappiano scegliere, dosare e usare anticrittogamici, pesticidi, diserbanti, concimi e quant’altro? Non sarà che alcuni padroneggiano poco queste sostanze, con i rischi conseguenti per sé e soprattutto per i consumatori?”. Nella provincia autonoma di Bolzano hanno dato una risposta concreta, generalizzata e preventiva a questo dubbio.
Lo stabilimento era costituito da una costruzione in pannelli prefabbricati, come se ne vedono tanti nelle nostre zone industriali. Ben fatto e ben tenuto ma, in zona pedemontana, non lontano dal lago di Caldaro, in mezzo alle vigne, non lontano dai tipici insediamenti montani, non si può dire che fosse bello. Non di meno l’attività andava bene. Bisognava ampliare e a tal scopo era stata presentata domanda di concessione edilizia. Passavano i mesi e, a dispetto del noto efficientismo locale, il permesso a costruire non arrivava, nonostante ripetuti solleciti. Finché un giorno il titolare sbottando disse: “Venite con me, ho chiesto un incontro alla Direzione competente in Provincia”. Ci presentammo dunque negli uffici provinciali ed esponemmo il caso, prospettando l’esigenza di ampliare gli spazi produttivi; sottolineando i benefici occupazionali che ne sarebbero derivati. L’alto funzionario ci ascoltò con attenzione ma senza entusiasmo. Quando venne il suo turno, fermo e pacato, ci ricordò che la Provincia Autonoma di Bolzano aveva una precisa e consolidata politica economica di sviluppo basata su due filiere: quella agro alimentare e quella del turismo. Purtroppo il progetto presentato non rientrava in quelli individuati dalla politica di sviluppo del territorio. Da qui la mancata risposta e il probabile rigetto della domanda. “Per quel luogo – concluse sorridendo – presentate, invece, una domanda per la realizzazione di una spa, un resort, che ben si inseriscono nel contesto, e sarà evasa immediatamente”.

Centro benessere di Naturno in Val Venosta (BZ)
Son tornato di recente in Alto Adige, a Merano, in Val Venosta e in Val Passiria. Visti i centri termali, le spa in quasi tutti gli alberghi; visto lo straordinario meleto della Venosta; i masi e gli allevamenti della Passiria; le aziende lattiero casearie, si può star certi che la politica economica e di sviluppo di quel territorio si basa ancora sulle due filiere individuate e sostenute coerentemente dalla amministrazione provinciale.
Non è detto che altri territori, altre regioni possano / debbano individuare e sostenere quelle stesse filiere o solo quelle. Ma l’esempio citato prova che anche una regione, soprattutto se autonoma, può e deve individuare una politica economica / industriale e perseguirla con coerenza. Evitando di disperdere le poche risorse disponibili in mille rivoli e con continui cambi di rotta.