Una nuova articolazione
amministrativa per sviluppare e valorizzare armonicamente
realtà complementari
indissolubili, ma con strutture, problematiche ed esigenze diverse
In quasi tutto il mondo,
gli abitanti risiedono in parte nelle medie e grandi città e in parte in
cittadine, paesi e villaggi sparsi sul territorio. In alcune regioni, soprattutto
ove presenti le metropoli, prevalgono i cittadini, in altre sono più numerosi i
residenti sul territorio.
In Friuli Venezia Giulia,
per esempio, ci sono poche città e
vi risiede meno di un terzo della popolazione. Oltre due terzi, invece,
risiedono nelle cittadine, nei paesi e nei borghi del territorio. Semplificando, ma non ci si discosta dalla realtà, possiamo
considerare:
- · città, i tre (ex?) capoluoghi di
provincia e il capoluogo regionale;
·
territorio, le cittadine, i paesi,
villaggi e borghi dei comuni non capoluogo.
Stabilito,
schematicamente, quali sono le città
e cos’è il territorio, è indubbio
che si tratti di realtà:
o
diverse
per dimensione, concentrazione di popolazione, edificazione e infrastrutture;
spazi, aree verdi e naturali, contenitori e contenuti, …;
o
con problematiche
gestionali e amministrative differenti per molti versi;
o
con esigenze di
conduzione, di cure e investimenti affatto simili;
o
persino
atteggiamenti e mentalità dei residenti, pur formati dagli stessi curricola scolastici e distratti dagli stessi media (televisione in primis), palesano
qualche differenza.
Non di meno le due
realtà, città e territorio, sono
indissolubili e complementari, reciprocamente indispensabili per la qualità
di vita di tutta la popolazione.
E’ interesse di tutti
(ovunque residenti) che:
·
la città realizzi, si doti,
sviluppi, organizzi, gestisca, offra,
…, i servizi, i contenitori e i contenuti che possono essere localizzati solo
in un contesto urbano di una certa dimensione…;
·
il territorio realizzi, si doti,
sviluppi, organizzi, gestisca, custodisca,
…, quanto rende possibile la fruizione dell’immenso e insostituibile
patrimonio, naturale e antropizzato, diffuso...;
· in entrambe le realtà si attuino politiche e pratiche amministrative, di erogazione
dei servizi, di investimenti e gestionali specifici
e, quindi, opportunamente differenziati.
Non è la stessa cosa amministrare una città o il territorio e pure abbiamo bisogno di città e comunità extraurbane gestite entrambe
in modo ottimale.
Abbiamo l’esigenza di
ottimizzare la gestione delle due realtà, nell’interesse di tutti, perseguendo
uno sviluppo armonico e complementare.
In alcune regioni europee ciò è realtà. A queste bisogna guardare per adottare adattando.
RAPPORTO AMMINISTRATIVO
TRA CITTA’ E TERRITORIO, DUE MODELLI BASE
Non bisogna farsi distrarre dalle infinite varianti
possibili. Il rapporto istituzionale tra la città e il territorio ha due soli
modelli base:
-
il modello centralistico (franco-napoleonico)
accentrato su un capoluogo, al quale il territorio è sottoposto, sino a perdere
persino la sua denominazione, per assumere quella della città. E’ importante
ricordare che, con la “Grande riforma territoriale” del 2014, voluta dal
presidente Hollande, la Francia stessa sta abbandonando il modello
centralistico (soppressione dei consigli provinciali entro il 2020) e ha introdotto le “intercomunalità” e le
“comunità di comuni” istituzioni che si rifanno al modello alternativo descritto qui sotto;
- il modello federalistico (renano-danubbiano) che
pone sullo stesso piano le comunità grandi e piccole; realizza l’ente di
maggiore dimensione con la federazione degli enti minori che lo costituiscono; non sottopone il territorio alla città,
riconoscendo necessaria la distinzione tra i grandi centri urbani e i centri
minori.
Il modello centralistico tende inevitabilmente ad accentrare le
risorse e le attenzioni nel capoluogo, con un doppio esito negativo:
- abbandono, spopolamento,
depauperamento del territorio; distruzione di valore (patrimonio abitativo,
infrastrutturale e culturale abbandonato);
- inurbamento eccessivo e
repentino
della popolazione, espansione delle periferie e scadimento della città e della
qualità di vita (inquinamento, traffico, rumore); duplicazione dei costi (edificazione e infrastrutturazione in
sostituzione di quanto abbandonato).
Questi fenomeni sono stati particolarmente marcati nella
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; molto più che nella regione ordinaria Veneto,
per esempio.
Il territorio, dalla
montagna alla bassa friulana, dai borghi alle cittadine già fulcro del
policentrismo regionale (Tolmezzo, Gemona, Cervignano, Spilimbergo, Maniago, …)
ha avuto scarse attenzioni e poche risorse.
E i risultati si vedono! Basta guardare gli andamenti demografici
dei comuni del territorio. Lo spopolamento – si badi bene – è l’effetto (delle
disattenzioni) e non la causa del mancato sviluppo. Cui fa riscontro la caotica
espansione delle città regionali. Grandi periferie senza pregio cingono
d’assedio quelli che erano splendidi centri urbani, a misura d’uomo.
UN
MODELLO FEDERALISTICO PER L’ORGANIZZAZIONE DEGLI ENTI LOCALI
E’il
modello vigente (con pochissime differenze sostanziali) in Germania, Svizzera,
Austria, Province Autonome di Trento e Bolzano. Posto che come ovunque il
Comune è l’istituzione di base questo modello prevede che l’ente immediatamente
superiore (intermedio tra comune e regione/provincia/land/cantone):
· abbia caratteristiche di omogeneità geo-orografiche,
socio-economiche, storico-culturali;
· abbia un’ampiezza sufficiente per erogare servizi e
pianificare sviluppo e investimenti;
·
sia costituito da un’aggregazione di comuni con prerogative
federalistiche (delega di funzioni e non cessione di competenze; pari dignità
degli aderenti; …)
·
sia costituito tra “pari” ovvero operando la separazione dei grandi centri urbani e non sottoponendo a
questi i territori circostanti;
· sia
collegio per l’elezione dell’ente superiore, per la certezza della
rappresentanza in esso;
·
goda di autonomia e reale facoltà di scelta nelle materie
assegnate;
· sia finanziato con parametri certi, in base a popolazione
residente, estensione territoriale, imposte raccolte, singolarmente o in
combinazione, secondo i capitoli di spesa.
Questa
organizzazione degli enti locali è stata il fattore determinante (anche se non
unico) dell’armonico sviluppo riscontrabile nei paesi e province citati.
Laddove i fenomeni di depauperamento - evidenti in vaste porzioni del FVG - non
ci sono stati.
ADOTTARE, ADATTANDO, IL
MODELLO FEDERALISTICO “RENANO-DANUBBIANO”
La regione FVG è molto
complessa, per nulla omogenea, ricca di diversità. Non di meno, anzi a
maggior ragione, il Sistema Regione – Autonomie locali deve essere: adeguato,
efficace, efficiente, equivalente, sostenibile, affidabile, introducibile,
condiviso.
Questi requisiti, tenuto conto della complessità detta,
possono essere assicurati solo da un’organizzazione
di tipo federalistico, lungamente sperimentata e affinata nel tempo con una
serie di ritocchi: IL MODELLO RENANO –
DANUBBIANO.
In sintesi l’introduzione del modello “renano-danubbiano” in
Regione prevede:
- la
costituzione di aggregazioni di comuni
territoriali compatte e omogenee (da 20 a 25);
- il
riconoscimento di 4/5 città extraterritoriali con le
competenze delle aggregazioni;
- la
fusione di comuni esclusivamente su base
volontaria e l’assenso di ciascuno;
- la
costituzione volontaria di sovra-ambiti
di scopo, per la gestione delle problematiche specifiche comuni a più aggregazioni, anche non contigue.
Le 4 città extraterritoriali, avranno le medesime competenze delle
aggregazioni, in pratica saranno un ente intermedio monocomunale (come le città
di Germania e Austria e Bolzano stessa); sindaco e giunta, avranno – oltre che
i poteri comunali –quelli del presidente e della giunta delle aggregazioni. Per
quanto sopra gli enti intermedi risulteranno dalla somma delle aggregazioni
territoriali e delle città extraterritoriali: 24-29.
La compresenza di aggregazioni territoriali, città extraterritoriali e sovra-ambiti di scopo prefigura
una forma di organizzazione a matrice,
l’unica che permette di gestire efficacemente la complessa situazione del
Friuli Venezia Giulia, senza sacrificare
alcune comunità e porzioni di territorio; in essenza, senza ledere i
principi della democrazia.
IL MODELLO APPLICATO AL
FRIULI OCCIDENTALE
L’ipotesi di base prevede
di partire dalle aggregazioni storicamente riconosciute e condivise dalla
popolazione residente: i mandamenti; tenendo conto anche dei mutamenti,
socio-economici e demografici, avvenuti negli ultimi decenni:
·
aggregazione
dei comuni dell’Azzanese (del Sile)
·
aggregazione
dei comuni del Maniaghese (delle
Dolomiti friulane)
·
aggregazione
dei comuni del Sacilese (del
Livenza)
·
aggregazione
dei comuni del Sanvitese (della
destra Tagliamento)
·
aggregazione
dei comuni dello Spilimberghese
(delle Prealpi friulane)
o
Città di Pordenone (ente intermedio mono
comunale, come Bolzano)
in alternativa:
o Aggregazione del Noncello
(a 3:
Pordenone-Cordenons-Porcia, come Trento)
Ovviamente si può e si
deve ragionare su possibili aggiustamenti e alternative ma motivate e …
ragionevoli. In ogni modo, nei casi dibattuti la parola va ai cittadini che decidono con referendum. Questa, che
tocca il senso di appartenenza di ciascuno, non è materia di delega in bianco!