Serve un nuovo modello di
organizzazione delle istituzioni territoriali, riconoscendo che le aree
metropolitane e quelle rurali hanno problematiche ed esigenze diverse, che
devono essere gestite autonomamente le une rispetto alle altre.
Com’è in Germania, Svizzera e
Austria, dove il territorio non è in declino come in Italia e le città non sono
state devastate dalla cementificazione indotta dall’inurbamento forzato dalle
politiche centralistiche dello stato e delle regioni.
Quando si vola dall’Italia in
Germania, passando o dalla Svizzera o dall’Austria e, soprattutto, quando si fa
il tragitto inverso, si nota in modo chiaro un fatto che non depone a nostro
favore. Di giorno e con il cielo limpido, le città, i paesi e i borghi,
tedeschi, svizzeri e austriaci, risaltano compatti nel verde circostante. Non
una casa, un fabbricato di qualsiasi specie e destinazione, è posto fuori dai
perimetri urbani, grandi o piccoli. A un certo punto, il panorama muta: sotto
di noi sfilano ammassi edificati più o meno densi, le costruzioni sono sparse
ovunque, non c’è un chilometro quadrato di verde libero. E’ il segnale che
l’aereo ha passato il confine: siamo sopra l’Italia.
Quando in treno o
in auto si attraversano le valli svizzere e austriache e soprattutto quando,
per qualsiasi motivo, ci si inoltra in quelle secondarie, si nota la vitalità
dei paesi di montagna. Anche quelli non “benedetti” da madre natura e dallo “zio
turismo” sono vivi e non denotano il fenomeno dello spopolamento così diffuso
nella nostra montagna, che ha lasciato indenne dal fenomeno solo le perle
turistiche. Perché? Si domanda il cittadino curioso, più che il tecnico. Le
risposte sono più di una ma non vi è dubbio che la principale attenga
all’organizzazione e gestione territoriale delle istituzioni, assai diverse,
rispetto all’Italia, in Germania, come in Svizzera e in Austria.
La Germania, è noto
a tutti, è una repubblica federale, composta, dopo la riunificazione, da sedici
stati federati. I länder, tenuto
conto delle differenze, si collocano allo stesso livello delle regioni
italiane. Meno note, a quel che si legge, sono alcune interessanti
caratteristiche della suddivisione amministrativa. Queste peculiarità, sono in
buona parte presenti anche in Austria e Svizzera, gli altri due stati federali
a noi vicini. Senza entrare nel dettaglio, non è questa la sede, si riportano
quegli elementi che potrebbero (dovrebbero!) essere considerati anche in Italia
per la riforma delle autonomie locali di cui si sta discutendo.
In Germania, come
nel resto d’Europa, l’istituzione di base, e più vicina al cittadino, è il
comune. Tra il comune e il land (equiparabile
alle nostre regioni, almeno in parte) si
colloca il “circondario” che è una federazione di comuni, preposta all’erogazione
dei servizi locali (di area vasta) per i quali i comuni sono troppo piccoli e i
länder troppo grandi e “distanti”. In
pratica i circondari tedeschi (e i distretti austriaci e svizzeri) sono i
corrispettivi delle province italiane, ma con almeno tre differenze sostanziali
che li rendono più efficaci, più condivisi dalla popolazione e sostanzialmente
più democratici.
Sono più compatti e
omogenei; sono in pratica delle federazioni di comuni con pari dignità e senza
la preminenza di una città capoluogo. Proprio l’inquadramento separato delle
città, costituisce l’elemento più interessante.
Queste ultime (generalmente quelle con più di cinquantamila abitanti, ma
alcune sono anche più piccole) sono definite “città extracircondariali”, sono
allo stesso tempo comune ed ente intermedio, con il sindaco che fa anche le
funzioni che nei “circondari rurali” svolge il presidente degli stessi. Questa distinzione
amministrativa riconosce un fatto inemendabile, in altre parole che gli ambienti
urbani e quelli territoriali hanno problematiche, esigenze e, persino,
mentalità dei residenti, differenti e porta a soluzione i problemi che ne derivano,
assegnando l’amministrazione delle città ai cittadini e del territorio agli
abitanti dello stesso.
Questa è la ragione
principale che ha evitato a Germania, Svizzera e Austria il degrado e lo
spopolamento del territorio (anche di quello montano) e l’accrescimento caotico
e problematico, da tutti i punti di vista, dei capoluoghi, che sarebbe arduo
definire sviluppo. Questi Stati hanno saputo e voluto governare omogeneamente
lo sviluppo territoriale, attuando il principio di equivalenza e pari dignità
delle comunità, urbane e rurali, grandi e piccole, di pianura e di montagna, assegnando
a ciascuna una sufficiente autonomia per il governo locale e la ricerca delle
forme confacenti di sviluppo.
Per esemplificare
l’articolazione del sistema amministrativo tedesco si può considerare il land della Turingia, uno dei più piccoli
tra quelli territoriali. Bisogna ricordare che tre länder, Berlino, Amburgo e Brema, sono “città stato”, in altre
parole privi di territorio extraurbano. Anche questa è una particolarità che
potrebbe interessare in certi casi: per la capitale in relazione a ruolo e
popolazione, o per Trieste, privata del territorio dopo la guerra.
La Turingia ha un’estensione di poco inferiore
a quella del Veneto (16.000 kmq contro 18.000) e una popolazione di 2.200.000
abitanti (circa la metà del Veneto). Il länder
tedesco è costituito da 936 comuni, aggregati in 17 circondari rurali e con
sei città extracircondariali per un totale di 23 enti intermedi. Per confronto
il Veneto è costituito da 581 comuni, distribuiti in sette province. Le medie
sono, per la Turingia: 2.350 abitanti per comune e 95.000 per ciascun ente
intermedio (circondario). In Veneto ci sono in media 8.600 abitanti per comune
e 714.000 per provincia (ente intermedio). Si deve anche notare che, al posto
dei sette capoluoghi, nel land
tedesco vi sono sei “città extracircondariali” con abitanti che vanno dai
38.000 della più piccola ai 205.000 di Erfurt
che è la capitale dello stato federato.
Si può notare
l’alto numero dei municipi tedeschi a presidio di tutti i borghi e, ovviamente,
con una struttura, funzioni e costi minimi, perché la gran parte dei servizi di
prossimità è assicurata dai circondari che hanno la dimensione ottimale per
gestirli con efficacia e in economia. Circondari che sono costituiti da
federazioni di comuni compatte e omogenee che hanno tra di essi “stretta integrazione territoriale e in
ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale,
nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali”. Caratteristiche,
queste ultime, che mancano spesso, e in misura rilevante, alle province italiane.
Si leggono in
Italia delle proposte che, anziché avvicinare l’articolazione amministrativa a
quelle già dimostratesi efficaci nei paesi vicini, se ne discostano. Basti pensare
all’ipotesi di soppressione dei piccoli municipi; al mantenimento (o alla
creazione) di enti intermedi ancora più grandi, rispetto alle attuali province
e, per conseguenza, ancora più disomogenei e “distanti” dalla popolazione; al
mantenimento dei privilegi ai capoluoghi, come la sistematica destinazione di
maggiori fondi “pro-capite”, rispetto alle città non capoluogo e ai paesi del
territorio. Preoccupa che nessuno ne parli, nessuno citi l’organizzazione amministrativa
degli stati vicini. Viene da chiedersi se gli “addetti ai lavori” non ne siano
a conoscenza o, pur sapendo, tacciano ed è difficile giudicare se sia peggiore
l’una o l’altra delle due sole alternative possibili.
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