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lunedì 20 maggio 2013

COSTI DELLA POLITICA E FINANZIAMENTO AI PARTITI


Possono essere ridotti con un Sistema elettorale basato su Collegi uninominali o Circoscrizioni di piccole dimensioni (con pochi elettori e numero minimo di eletti).
I primi sono presenti tanto nel maggioritario a turno unico anglosassone, nel doppio turno francese e, in parte, persino nel sistema proporzionale tedesco. Le Circoscrizioni ridotte, invece, correggono i sistemi proporzionali in Spagna e Svizzera.
Le Preferenze, da tutti invocate, non sono sufficienti per reintrodurre una  democrazia compiuta in Italia e possono nascondere qualche insidia, se introdotte in un Sistema elettorale basato su Circoscrizioni plurinominali di grandi dimensioni.

Il dibattito sul finanziamento pubblico dei partiti è più che mai aperto. Il confronto tra chi vuole abolirlo (lo avevamo già fatto con un referendum!) e chi vuole mantenerlo (dopo la reintroduzione mascherata da rimborsi elettorali) si arricchisce di nuovi contributi. Su L’Espresso, il direttore Bruno Manfellotto si domanda: “ Ma è davvero una buona idea togliere tutti i soldi ai partiti?” e risponde che “abolirlo del tutto sarebbe un errore colossale”. Il direttore ci ricorda anche che “In tutta Europa non c’è democrazia che non abbia una qualche forma di sostegno pubblico”. Riporta le cifre che si spendono in Francia e Spagna, di poco inferiori a quelle italiane, e in Germania, tre volte tanto i sussidi nostrani.
     Il direttore de L’Espresso spiega, infine, che senza i soldi pubblici potrebbe affacciarsi alla politica solo chi ne ha tanti di propri, chi ha il favore delle lobby e dei potentati, chi può pagarsi una costosa campagna elettorale. Tali preoccupazioni sono state espresse più volte, soprattutto dai partiti del centro sinistra, dalle compagini minori e da quanti ambivano a entrare nelle istituzioni con una nuova formazione. Il problema esiste ed è serio in una democrazia che voglia continuare a essere tale e magari anche consolidarsi, raggiungere gradi superiori di attuazione.
     E’ possibile che non ci siano ancora le condizioni per abolire del tutto il sostegno pubblico al sistema politico che assicura la democrazia. Ma il tempo delle generose e incontrollate elargizioni di denaro pubblico ad associazioni private (tali sono i partiti) è ormai scaduto. Oltre alle “leggi chiare e controlli ferrei” invocati, direi che ci sono tutte le premesse per una drastica riduzione di finanziamenti e rimborsi ai partiti, alla politica in genere e ai politici di ogni ordine e grado.  Si pensi solo al potenziale già espresso e ancora da espandere dei nuovi media per la comunicazione, la consultazione, l’aggregazione politica e per forme di democrazia diretta. Il tutto a costi ridottissimi rispetto alle modalità tradizionali.
     In ogni caso, le maggiori garanzie di accesso alla politica, per tutti e non solo per chi ha grandi risorse finanziarie e mediatiche, le può offrire solo un adeguato Sistema elettorale. E così pure una drastica riduzione dei costi per le campagne elettorali, dei partiti e dei singoli candidati. Ingenti somme per la propaganda sono necessarie con i Sistemi elettorali che prevedono grandi circoscrizioni con l’elezione di più candidati. Ingentissime, poi, sono le somme da spendere per prevalere in un “Sistema plurinominale, applicato a un collegio unico nazionale”, l’attuale metodo di elezione per la Camera in Italia. Con questo sistema prevarrà sempre chi ha molti mezzi e grande visibilità/notorietà (non necessariamente connesse alle capacità politiche o amministrative).
     Con i collegi elettorali piccoli e compatti (e conseguentemente uninominali) un candidato noto e apprezzato in ambito locale (per la sua vicenda amministrativa, politica, professionale, associativa, culturale, …) può spuntarla con modestissime spese anche nei confronti di “potenti e paracadutati”. E’ successo in molti casi al tempo del “Mattarellum” che prevedeva l’elezione del 75 per cento dei deputati in collegi uninominali. Questa valenza, veramente democratica e anti-oligarchica, ha decretato la fine di quel sistema elettorale che non ha trovato paladini né a destra né a sinistra.
     Si rifletta sul fatto che non solo il Sistema maggioritario a un turno anglosassone e quello a doppio turno francese si basano su collegi uninominali e quindi di piccole dimensioni, ma, addirittura, nel Sistema proporzionale tedesco la metà dei deputati, 299, viene eletta in altrettanti collegi uninominali e l’altra metà attraverso il voto alle liste di partito nel Collegio unico nazionale. Anche in Spagna e Svizzera sono in vigore dei Sistemi proporzionali corretti, proprio mediante la riduzione delle Circoscrizioni. Per quanto sopra si può ritenere che l’adozione dei Collegi uninominali o di Circoscrizioni elettorali di ampiezza ridotta siano un elemento fondamentale per la reintroduzione della democrazia in Italia dopo la sospensione de facto attuata con il Porcellum.
     Infine, bisogna considerare che le Preferenze, da tutti invocate, non sono sufficienti per reintrodurre una  democrazia compiuta in Italia e possono nascondere qualche insidia se introdotte in un Sistema elettorale basato su circoscrizioni plurinominali di grandi dimensioni. Se, per esempio, si volesse modificare la legge attuale introducendo le preferenze e mantenendo il “Collegio unico nazionale” per la Camera e i “Macrocollegi plurinominali per il Senato” cambierebbe ben poco. Continuerebbero, infatti, a prevalere  potenti, potentati e paracadutati, anche a scapito dei competenti, perché i costi per una campagna elettorale, su scala nazionale, sono inavvicinabili per i candidati e i cittadini normali.
                                                                                              umuzzatti@gmail.com

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