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venerdì 17 maggio 2013

LEZIONI AMERICANE, IL LAVORO ITALIANO NEGLI U.S.A.


Nei giorni scorsi i visitatori americani di questo blog hanno superato quelli dell’Italia. Negli Stati Uniti risiede il quindici per cento dei lettori della VOCE CIVICA. Non conosco la ragione ma mi fa piacere. Voglio omaggiare chi mi legge dagli States con un ricordo delle mie trasferte di lavoro a Fort Worth – Texas.
Per molti anni ho fatto parte di un gruppo di lavoro dedito ai trasferimenti di know-how dall’Italia in tutto il mondo. Il mio ruolo era la formazione del personale locale, insegnavo loro a padroneggiare una tecnologia italiana, derivata dagli studi che valsero al professor Natta il premio Nobel per la chimica.
Da quelle esperienze ho tratto un manoscritto “La Valigia di Pelle – per il mondo al tempo della globalizzazione”. Di quel libro, in attesa di pubblicazione, riporto il primo racconto.
                                                                                              umuzzatti@gmail.com

La voliera più grande del mondo
Gli Stati Uniti sono una terra di molti contrasti, tenuti insieme da una capacità d’integrazione che riesce a far convivere popoli e culture, climi e paesaggi affatto omogenei, architetture neoclassiche e grattacieli, i veicoli spaziali e i calessi degli Amish. Già arrivando sopra New York con un volo dall’Europa, si nota il “contrasto armonico” tra la Statua della Libertà e lo skyline di Manhattan. Giungendo, poi, all’aeroporto di Dallas – Fort Worth, meta finale del nostro viaggio di lavoro, inizia un percorso tra elementi contrastanti di ogni tipo e che pure coesistono senza sforzo apparente. Dall’avveniristico complesso aeroportuale texano al downtown di Fort Worth, “il luogo dove comincia il West”, si compie un viaggio avventuroso nello spazio e nel tempo. Il centro storico della città, infatti, è stato mantenuto come ai tempi della “frontiera” e quando c’è la fiera, si vedono ancora i cavalli legati alla staccionata fuori dei saloon.
     Quando giungemmo negli uffici della società di cui eravamo consulenti, la cosa che più ci colpì fu il contrasto tra i computer e le scrivanie su cui erano posati. Modernissimi i primi, modelli non ancora disponibili in Italia. Le scrivanie, invece, ci riportarono indietro agli anni cinquanta, alle cattedre di legno massiccio delle nostre maestre. Più tardi Mr. Lawson ci spiegò che, in fondo, una scrivania è solo un piano di appoggio e lavoro: fin che svolge questa funzione, non c’è motivo di cambiarla. Questa fu solo la prima lezione di “analisi del valore” che apprendemmo in quella trasferta.
     La seconda lezione arrivò per gradi nei giorni seguenti. Per il nuovo impianto, acquisito chiavi in mano in Italia, l’azienda texana stava costruendo un nuovo stabilimento. La prima volta che ci portarono in cantiere era già in piedi la struttura in carpenteria metallica. Dissero che sarebbe stato pronto nel giro di due settimane. Non dubitammo pensando a un rivestimento e alla copertura in pannelli prefabbricati. Invece, nei giorni seguenti, l’involucro del fabbricato, falde del tetto comprese, fu rivestito da una rete metallica leggera, tipo quella usata per i pollai. Sembrava un’enorme voliera. Aspettammo e vedemmo che, poi, cominciando dal tetto, sulla rete venivano stesi dei rotoli di materiale isolante supportato, verso l’interno del fabbricato, da una pellicola di plastica bianca. Infine all’esterno, fissandole con viti ai correnti metallici della struttura, furono fissate delle lamiere grecate, con la classica funzione di tamponamento con adeguata resistenza. Montate le porte nei vani predisposti, essendo privo di finestre per evitare le dispersioni termiche, il capannone era in pratica finito.
Mr. Hopkins, concluse la seconda lezione di “analisi del valore” facendoci osservare che, in fondo, la funzione propria del fabbricato, contenere in sicurezza e confortevolmente addetti, impianti e materiali, era soddisfatta. Ma io resto dell’idea che, in questo caso, abbia ragione il legislatore europeo che impone nei luoghi di lavoro un’adeguata finestratura, di cui una parte apribile, perché i lavoratori abbiano luce e aria naturale. Che d’altronde sarebbe bene assicurare anche ai polli.

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