Il richiamo di
Papa Francesco per un’informazione corretta
In
uno scritto precedente mi sono soffermato su “La lezione di Papa Francesco alla politica italiana”. L’udienza
concessa ai dirigenti e dipendenti della RAI, in occasione della ricorrenza dei
sessant’anni di avvio delle trasmissioni televisive, ha dato occasione al Papa
di dare una lezione anche ai giornalisti e a tutti gli operatori
dell’informazione.
Una lezione racchiusa in due precise parole: “Informare e formare”. Il Papa, infatti,
rivolgendosi al personale RAI, si è soffermato sull’importanza dell’informazione
e su come questa, quando è corretta e completa, abbia un valore formativo. Tanto
che sostituendo la congiunzione con il verbo, si può affermare che “informare è formare”. Ciò, nonostante
che le due azioni abbiano significato e contenuti diversi e tra i due passi
almeno la differenza che c’è tra il leggere e lo studiare.
Non vi può essere dubbio che una corretta informazione da
parte degli organi a larga diffusione, stampa e radiotelevisione prima di
tutte, concorre in modo determinate alla formazione dell’opinione pubblica,
all’accrescimento della coscienza civica e all’esercizio della democrazia. Gli
organi d’informazione, prima ancora di essere “il cane da guardia”, possono
essere “il cane da pastore” o meglio “il cane
guida” della democrazia. Ovvero i mezzi che devono accompagnarci,
segnalandoci per tempo gli ostacoli, piccoli e grandi, sino ai baratri,
lasciando a noi la decisione su quale direzione intraprendere.
I manuali ci dicono che l’informazione deve essere “esatta, completa, tempestiva”.
Nonostante l’abbondanza e la potenza dei mezzi è assai difficile che la massa d’informazioni
che abbiamo tutti i giorni risponda in pieno ai tre requisiti fondamentali
citati. Ai quali a volte si aggiunge il quarto: “Inequivoca”. Data l’evoluzione dei mezzi tecnici a disposizione, se
l’informazione non è sempre esatta, completa, tempestiva e inequivocabile le
ragioni e le responsabilità non possono che essere “umane”, ovvero insite in
carenze e scelte degli operatori del settore. Distribuite, ovviamente, secondo
i livelli ricoperti; ruoli e responsabilità del praticante sono diversi da
quelle del direttore responsabile e dell’editore.
Docere, Movere, Delectare, erano per la
retorica le ragioni essenziali di un discorso orale o scritto. E sono ancora le
motivazioni della comunicazione, quale che sia il mezzo e la forma con cui si
comunica. Perché si parla, si scrive, si comunica qualcosa? Per uno, due, o tutti
tre i motivi suddetti. A parte il dilettare/divertire
che tanta parte ha nei media attuali, la differenza la fanno il docere (insegnare, in-formare, mettere
al corrente, nella condizione di sapere e, quindi, di ragionare, di operare, …)
e il movere (spostare, attrarre,
tirare a sé e, quindi, convincere, …). Ecco che l’informazione giornalistica,
soprattutto degli organi liberi, dovrebbe prima di tutto docere, tanto meglio se in modo piacevole, solo dopo, alla luce
della conoscenza più ampia, movere al
bene e al giusto. La preminenza del movere
era (ed è ancora) lo scopo, più o meno dichiarato, degli organi d’informazione
di parte.
In Italia abbiamo
un grande problema politico che si trascina da anni e che ci ha portati
sull’orlo della bancarotta. Una domanda lecita potrebbe essere: Sarebbe stata
possibile una deriva di tale entità se avessimo avuto un’informazione corretta?
La risposta è: no. Nonostante non siano mancati, e non manchino, degli ottimi
giornalisti e delle buone testate. Ecco perché ha fatto bene Papa Francesco a
richiamare il personale della RAI, e con esso tutto il sistema
dell’informazione, a una seria riflessione sul proprio ruolo e sul modo in cui
viene portato avanti.
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