La tormentata, inconclusa e
inconcludente vicenda della legge elettorale per il parlamento italiano ha
toccato, nei giorni scorsi, uno dei punti più bassi e avvilenti. Credo che
ormai sia chiaro, anche ai più ingenui dei cittadini, che a tanto si è arrivati
perché nessuno pensa all’ interesse della nazione intera e dei cittadini tutti
ma, bensì, al proprio tornaconto. Non si spiegherebbero altrimenti le
difficoltà a trovare un accordo per “sacrificare il porcellum” e ridare
all’ Italia una legge elettorale democratica come vuole la Costituzione.
L’interesse nazionale e dei cittadini è di
avere un sistema elettorale che consenta di portare in parlamento dei soggetti
con un complesso di caratteristiche, variamente articolato e orientato
politicamente, ma imprescindibilmente permeato di conoscenza, competenza,
intelligenza, integrità, motivazione, carattere, lungimiranza, sensibilità, …
Se non i migliori in assoluto, il sistema elettorale deve consentire almeno di
eleggere dei rappresentati idonei da tutti i punti di vista, a ricoprire un
ruolo così determinante per la sorte del paese e della popolazione.
Il sistema deve consentire la pari
opportunità di partecipazione (e di successo) a tutti i candidati, che mediante
partiti, movimenti e liste, rappresentano l’insieme della società e le sue componenti
con le aspirazioni e gli interessi legittimi della stessa. L’esito finale del
processo elettorale dovrà essere un’assemblea di eletti che possono essere
diversi per orientamento politico, ma devono essere accomunati dalle
caratteristiche di adeguatezza al ruolo. Ciò che in tutta evidenza non è stato
nelle ultime tornate elettorali, compresa l’ultima i cui effetti si dispiegano
tuttora (ed auspicabilmente ancora per qualche tempo, non ostante tutto).
Dal dibattito in corso, per la necessaria
riforma, emergono sempre e solo pochi punti. Si spera che dei numerosi altri
che formano un sistema elettorale completo non scrivano i media, ma che siano
tenuti nella dovuta considerazione dal legislatore. Tra i più citati è
ovviamente il tema della governabilità che deve essere assicurata alla fine
della tornata elettorale e, possibilmente, per l’intera legislatura. Qui le
insidie, per la democrazia, non mancano. Se la sovranità appartiene veramente
al popolo che la esercita, quasi esclusivamente, scegliendo i suoi
rappresentati con il voto, elevate soglie di sbarramento o premi di maggioranza
troppo generosi sono un vulnus alla democrazia e sicuramente materia per la Corte
costituzionale.
Certo la governabilità è indispensabile, ma
non può essere ottenuta stravolgendo la volontà popolare espressa con il voto.
Né si potrà pretendere che la complessità della società odierna sia
rappresentata da due poli o, peggio, da due soli partiti. Perché, in pratica, a
ciò conducono gli sbarramenti e i premi di maggioranza. E allora come se ne
esce? Come si conciliano rappresentanza democraticamente eletta e
governabilità? Intanto, direi, cominciamo a vedere come fanno i presidenti di
due solidissime nazioni, Francia e USA, a governare anche senza la maggioranza
nelle camere parlamentari. E’ successo molte volte e per periodi non brevi, in
certi casi per intere legislature. Evidentemente il meccanismo che lo consente
(e lo rende prassi normale) è insito nel sistema istituzionale e non solo nella
legge elettorale.
Nessun commento:
Posta un commento